Premetto che non sono tipo da ristorante stellato. Non perché non riconosca che i piatti preparati e offerti in quel tipo di locale sono eccellenti ma perché la mia cultura incrollabilmente meneghina -fatta di concretezza, di misura e, anche, di un pizzico di understatement- mentre mastico non riesce a capacitarsi che quel raviolo scomposto che ho davanti costi 80 euro e il petto di piccione 110. Con lo stesso meravigliato sconcerto apprendo che le pasticcerie di Iginio Massari hanno messo in vendita in questi giorni pre-carnevale delle chiacchiere a 100 euro al chilo. Non so se sapete che cosa sono le chiacchiere: a Roma le chiamano frappe; altrove, frappole, galàni, cenci… Risalgono alla Roma antica e, allora, si chiamavano frictilia. Erano dolci poveri: pastella di farina e uovo fritta nel grasso animale, e venivano preparate nel periodo del calendario romano corrispondente al Carnevale della Chiesa Cattolica. Da piccolo le mangiavo sempre, ovviamente ignorandone il prezzo. Poi sono cresciuto, mi sono distratto e ho scoperto che quel dolce semplice, con l‘aria da poverello -giusto una spruzzata di zucchero al velo- con gli anni è diventato un lusso da 20, 28, 40 euro al chilo; e che l’anno scorso, di questi tempi, veniva venduto a un prezzo che andava dai 6,36 euro al chilo (discount) fino ai 60 delle pasticcerie più pretenziose. Ma 100… Lo chef-pasticcere notissimo e bravissimo non si è espresso. L’ha fatto un suo collega, Guido Mori, criticando la tendenza sempre più diffusa a fare anche del cibo uno status-symbol. “Il cibo è nutrimento, tradizione e naturalmente convivio, specie per una festa così popolare come il Carnevale. Gli abiti di lusso, gli accessori di lusso hanno un valore intrinseco legato al marchio, e se ne può fare a meno. Il cibo, invece, è essenziale”. Immagino già le obiezioni: non quelle di Massari, ma di chi riempirà le sue pasticcerie per acquistare le chiacchiere e dimostrare, almeno a sé stesso, che può permetterselo. La prima sarà certamente quella che dice non comprarle, mica sei obbligato. Vai al supermercato dove le trovi anche a 8 euro il chilo. Sì, vero, ma credo, comunque, sia arrivato il momento di darci tutti una regolata e cominciare a valutare non tanto il rapporto del prezzo di vendita rispetto al costo delle materie prime ma se il nostro desiderio di scalata sociale, di apparire per dare l’impressione di essere lassù, debba contagiare anche le nostre scelte alimentari. Comincio io: domani, giovedì grasso, niente chiacchiere.
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D’accordo Che per le frappe è esagerato. Ma riconosco la necessità di fare pagare di piu per dei piatti a un ristorante di studio che sono frutto di mesi e mesi di lavoro per concepirli. La cucina è un arte tanto quanto è un arte produrre una borsa che poi viene Venduta ai prezzi che sappiamo dai vari fendi, Hermes etc..
Mi sembra che questa gente si diverta alle spalle di chi ha soldi da buttare.
Il problema sono quelli che non ne hanno ma vogliono fare come se. Basta dare loro quello che si meritano, cioè non guardare le loro storie e i loro video. Chissà che il disinteresse li seppellisca.