Povero Justin. “Ho problemi di rabbia”, ha confessato in un post su Instagram il giovane cantante canadese. “La gente continua a dirmi che devo guarire. Ma se avessi saputo come guarire, l'avrei già fatto, no? Per tutta la vita ho cercato di impegnarmi per essere come le persone mi dicevano che avrei dovuto essere. E non riuscirci mi fa sentire ancora più stanco e più arrabbiato. Sono a pezzi...”. Mi dispiace per lui, e lo dico senza alcuna ironia. Posso solo immaginare che cosa voglia dire vivere da star planetaria. Soldi, certo. Lusso, certo. E disco verde davanti a ogni ostacolo. Ma quella notorietà ti imprigiona in uno spazio talmente delimitato, talmente ristretto, che finisce per toglierti il fiato. E, talvolta, farti perdere il controllo. Justin Bieber ha raggiunto il successo nel 2009, quando non aveva ancora quindici anni. Adesso ne ha trentuno. Una moglie. Un figlio di un anno. E trecentocinquanta milioni di dollari di patrimonio personale. Ma è arrabbiato col mondo e con i paparazzi in particolare. Che non sono più quelli romantici e caciaroni di via Veneto, che scattavano e poi ti mollavano perché dovevano cambiare la lampada del flash, ma un’orda di “chiunque” col cellulare in mano, che non dà tregua, in ogni momento, in ogni occasione, in ogni luogo. Bieber, una decina giorni fa, si era lanciato in una sfuriata contro le persone che avevano puntato macchine fotografiche e telefonini su di lui mentre entrava in un bar di Palm Springs, in California. Il cantante aveva chiesto un po’ impetuosamente di essere lasciato in pace, di smetterla di parlargli, di invadere il suo spazio personale e di non avvicinarsi a lui. Mentre si nascondeva il volto, lo si era sentito dire: "Non oggi, amico. Togli quel “fucking” obiettivo dalla mia fottuta faccia!". Qualche giorno dopo, sbollita la rabbia, è tornato sull’episodio: "Sono al limite delle mie possibilità”, ha confessato sul proprio profilo social. “Provoca, provoca, provoca. Sono un “fucking” essere umano, non ce la faccio più”. Fucking a parte -ma quale giovane artista esasperato non l’avrebbe detto?- sono dalla sua parte. Sarà anche il prezzo del successo, ma è salato. E io, riflettendoci, non so se riuscirei a pagarlo, non importa quanti milioni avessi accumulato in banca.
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Justin -della cui esasperazione comprendo la portata- può scegliere di chiamarsi fuori in ogni momento, diversamente da una quantità di individui, ugualmente schiacciati dagli ingranaggi del Sistema. Quindi, secondo me, basta frignare.
Io mai. Viva l’anonimato.