Faccio appello a tutte le persone che hanno una sensibilità civica maggiore della mia e capiscono prima -e meglio- le cose del mondo. Soprattutto del mondo moderno. Cose -consuetudini, prassi, mode, tendenze- alle quali faccio sempre un po’ fatica ad allinearmi. Temo dipenda dall’età e dalla cultura in cui sono cresciuto, che considerava la riservatezza, per esempio, importate quanto l’aria che si respira. Tutta questa premessa per chiedere se abbia senso il mio sconcerto di fronte alla notizia che Asia Vitale ha aperto un profilo su OnlyFans, che è un sito web in cui si esibisce il proprio corpo. E lei lo fa con contenuti espliciti, a sfondo sessuale, prodotti in proprio, che pubblica e poi vende a chi si abbona per guardarla. “Il corpo è mio”, ha spiegato lei. “Il consenso è tutto”. Il nome della ragazza forse non vi dice niente ma certamente la vicenda di cui è rimasta vittima non ve la siete dimenticata: settembre 2023, Palermo: Asia, diciannove anni, viene circondata in strada, di notte, da sette giovani (bestie) e quindi violentata e filmata durate gli stupri. Nell’intervista che ha rilasciato in questi giorni a Repubblica, Asia rivendica il diritto di vivere la vita come preferisce e di volersi lasciare alle spalle per sempre quella vicenda turpe. E su questo mi trova assolutamente d’accordo. Certo che l’idea di accendere in questo modo su di sé i riflettori dell’opinione pubblica mi lascia perplesso… Il Tribunale del popolo -che oggi è la Rete in cui militano a tempo pieno giudici severissimi- l’ha già massacrata. E qualcuno ha sollevato il dubbio che la notizia di OnlyFans sia solo una provocazione, un modo per farsi pubblicità senza fatica e senza costi. Farsi pubblicità? Senza costi? Di nuovo, non capisco. Del resto sono due anni che cerco di spiegarmi perché, invece di cercare silenzio, rispetto e, magari, l’aiuto di specialisti per superare il trauma, Asia, all’indomani della violenza di gruppo, abbia deciso di andare in televisione a farsi intervistare da Nunzia de Girolamo con domande che suscitarono l’indignazione di molti perché considerate “un esempio inaccettabile di pornografia del dolore”. Forse dovrei solo ricordare di dirmi più spesso che così va il mondo, oggi, e che sono io quello che ha perso la sintonizzazione. Poi alzare le spalle. E andare avanti.
Discussione su questo Post
Nessun post
Forse, data l’esperienza che ha vissuto, è un modo per lei di recuperare il controllo. Ribaltare le dinamiche di potere.
Despentes, in King Kong Théorie, parla di come prostituirsi le abbia permesso di ridare un valore e un senso al suo corpo, annientato da uno stupro di gruppo. Un libro molto duro ma che consiglio